Skip to content
Tu sei qui: Home arrow Interviste arrow Rivista "Percussioni" arrow Clara Perra di Alessandra Padula
Clara Perra di Alessandra Padula

La differenza tra medico e insegnante
sta nel fatto che al primo si affida la vita
presente, al secondo quella futura
Clara Perra

Dolce, suadente, con una grossa carica umana, Clara Perra è una di quelle persone che capita di incontrare molto raramente nel mondo musicale.
Un diploma di pianoforte e un altro in strumenti a percussione (quest’ultimo col massimo dei voti, la lode e il bacio accademico). Studi universitari (facoltà di medicina) e lezioni di composizione con il M° Aladino Di Martino direttore del Conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli.
E’ stata la prima percussionista italiana a partecipare a una tournée in tutta Europa con l'“Orchestre des Jeunes de la Méditerranée” (formazione europea alla quale prendono parte tutti i paesi che affacciano sul Mediterraneo); ha vinto varie audizioni nazionali e un concorso internazionale, presso l’orchestra del Teatro “San Carlo” di Napoli, dove ha suonato per oltre un decennio.
Ha collaborato con la “Scarlatti RAI”, la giovanile “Franco Ferrara”, la “Italian Synphony Orchestra”, L'Ensemble “Tempo di Percussione”, e con i più famosi interpreti e direttori d’orchestra del mondo eseguendo gli autori più impegnativi della letteratura contemporanea, tra cui: Britten, Varese, Cage, Jolivet, Chavez, Petrassi e Xenakis.
Nella sua già ricca carriera, trovano posto anche incisioni discografiche, la partecipazione al primo video-metodo per strumenti a percussione e una tournée negli USA, in formazione di ottetto (quattro percussionisti e quattro sassofonisti), con Irene Papas.
Autrice di composizioni e metodi per strumenti a percussione, Clara Perra, ha iniziato Il suo impegno didattico nel 1980 al Conservatorio statale di Benevento e proseguito, successivamente, presso i Conservatori di Salerno, Foggia, Potenza, L'Aquila e Pescara dove, attualmente, è titolare della cattedra di strumenti a percussione.

Per una dottoressa mancata una percussionista guadagnata! Com’è nata questa tua vocazione per le percussioni?

“Più che di vocazione io parlerei di folgorazione. Dopo aver sentito un concerto di sole percussioni, che mi aveva entusiasmata, chiesi di poter frequentare la classe di percussioni come uditrice e, quasi senza accorgermene, fui ‘infettata’ dal virus del rataplan.”

Immagino che questo “virus” appartenga ad un ceppo, più che altro, ritmico come quello della cosiddetta sindrome del batterista?

“A parte gli scherzi, il rataplan è un termine onomatopeico che imita il suono del tamburo, ma è usato per indicare brani dove primeggiano gli effetti delle percussioni.”

Ci puoi fare un esempio?

“Si, due dei più famosi rataplan, che conosco per esperienza diretta, sono nelle opere La figlia del reggimento di Donizetti e La forza del destino di Verdi.”

Tu sei stata una delle prime donne italiane a suonare strumenti che una volta erano considerati prettamente maschili; questo fatto ti ha causato dei problemi all’inizio della carriera?

“Devo dire di sì, perché tutti pensavano che una donna poteva suonare benissimo il vibrafono o la marimba (specialmente se era anche pianista) ma non il tamburo, i timpani e, per ragioni anatomiche, i piatti a due. Fortunatamente venivo da una scuola dove si studiava per diventare percussionisti veramente completi; sicché quando agli esami le varie commissioni si accanivano sulla tecnica del tamburo o, gli stessi colleghi dell’orchestra, mi chiedevano di suonare i piatti, sorridendo maliziosamente, mi divertivo un mondo a osservare la loro meraviglia nel vedermi suonare anche questi strumenti.”

Ritieni che, indipendentemente dalla scuola, la conoscenza del pianoforte ti abbia facilitato l’apprendimento delle percussioni?

“Relativamente, perché i pianisti, studiando per fare i solisti, spesso acquisiscono un concetto diciamo… un po’ più libero del ritmo; mentre per le percussioni il ritmo è la vita.
Avere avuto la fortuna di studiare con esponenti di una delle famiglie italiane, che da tre generazioni crea percussionisti, significa essere preparati ad affrontare qualsiasi genere musicale con tutti i principali strumenti della percussione.”

Quindi, anche per le percussioni esiste una scuola italiana come, ad esempio, quella del M° Vitale per il pianoforte?

“Non solo esiste, ma è adottata e anche imitata, al punto che per salvaguardarla io e altri colleghi l’abbiamo istituzionalizzata fissando i punti che caratterizzano la progressione didattica. In pratica abbiamo costituito un’associazione, senza fini di lucro, che ha come scopo la divulgazione dei vantaggi didattici, offerti dalla tecnica e dalla metodologia della nostra scuola, mediante attività d’istruzione, formazione, qualificazione e aggiornamento professionale.”

Com’è nata l’idea di questa scuola e, se esiste, qual è la sua genesi?

“L’idea l’hanno suggerita i nostri stessi allievi, dopo aver constatato che alcuni percussionisti, molto più famosi di noi, si erano convertiti alla nostra scuola.
Le percussioni in Italia sono state da sempre protagoniste nella musica ritmica popolare delle varie regioni; possiamo perciò sostenere che, nata dalle esigenze della musica ritmica popolare, la scuola italiana di percussioni si è sviluppata in varie fasi (che in questa sede sarebbe troppo lungo elencare) fino ai primi del 900, quando, i tanti emigranti dello spettacolo, l’hanno portata all’estero. Non v'è da stupirsi, quindi, se la stessa scuola, a volte, ci viene proposta con nazionalità e origini diverse.”

A sentirti parlare con tanta enfasi delle percussioni si direbbe che, ormai, il pianoforte non t’interessa più?


“La stessa domanda mi è stata posta qualche anno fa, durante un’intervista per la RAI, perciò penso che mi ripeterò.
No, il pianoforte è stato il primo amore quindi occupa ancora un posto molto importante nella mia vita di musicista. Poi mi permette, ad esempio, di interpretare nella duplice veste di pianista e percussionista brani come Amores di J. Cage per pianoforte preparato e percussioni; solo che c’è una certa differenza tra la percussione indiretta del piano e quella delle percussioni che generano il suono direttamente, sia suonate con le bacchette sia con le stesse mani. La stessa differenza che c’è, a mio avviso, tra gli archi e i fiati. Gli archi sono strumenti meravigliosi, ma i fiati li senti più vicini perché suonano col tuo respiro.”

Dopo le fatiche sostenute per preparare e vincere un concorso internazionale, hai lasciato l’orchestra, perché?

“E’ stata una scelta obbligata per me, e tanti colleghi, a causa della famosa e contestata legge sull’opzione. Questa legge, com’è noto, ha stabilito che anche nel campo artistico non si possono avere due rapporti di dipendenza organica. Come dire che un insegnante di pittura non può dipingere e un docente universitario di gastroenterologia non può operare.”

Tu perché hai scelto l’insegnamento?

“L’insegnamento mi permette di avere più tempo libero da dedicare allo studio, ai master class e ai corsi di propedeutica musicale, dedicati ai bambini, che svolgo settimanalmente.”

Non potevi tenere l’orchestra e insegnare in qualche struttura privata?

“Che io sappia in Italia non esistono strutture paragonabili ai college o scuole musicali straniere, quindi avrei dovuto ripiegare sulle ‘famigerate’ lezioni private che preferisco evitare perché, in sintonia con quelli della mia scuola, considero il danaro uno stimolo insufficiente per dedicare il mio tempo a chiunque.”

Prima hai detto che volete divulgare i vantaggi didattici della scuola italiana. Come sarà possibile se non fate lezioni private?

“Si tratta di due condizioni completamente diverse perché un conto e fare una lezione individuale, chiedendo un corrispettivo, e un altro conto è offrire corsi gratuiti di formazione professionale a coloro che condividono gli scopi di un’associazione culturale senza fini di lucro.”

Una bella e coraggiosa iniziativa, non c’è dubbio! Ma quali risultati didattici avete avuto finora per giustificare un tale impegno senza alcun compenso, se non quello di carattere morale?

“Da quando in Italia sono stati istituiti i corsi di strumenti a percussione nei conservatori, la nostra scuola è già arrivata alla terza generazione di percussionisti. Abbiamo ex allievi che hanno suonato, o suonano, nelle più importanti orchestre nazionali ed europee, docenti di conservatorio, autori d’importanti opere didattiche, e allievi, non ancora diplomati, che lavorano a colonne sonore di film, varietà televisivi, registrazioni di dischi e spettacoli, con i più noti cantanti di musica leggera.” Del resto quest’iniziativa non si ferma solo ai corsi gratuiti perché abbiamo due siti Internet con domini di primo livello tipo www.percussioni.it/com o www.percussiondrums.com e programmi che permettono ad ogni iscritto di partecipare alle lezioni in tempo reale.”

Ti capita mai di pensare che come medico avresti potuto fare qualcosa di più per il prossimo che non come percussionista?

“Questa è una domanda che mi sono posta spesso e sono riuscita a trovare anche un legame tra le due professioni. In effetti, la figura del medico è importante perché a lui si affida la vita presente, ma l’insegnante è altrettanto importante perché a lui si affida l’avvenire, che rappresenta la vita futura.”

Quali sono le qualità tecniche e musicali che apprezzi maggiormente in un tuo collega?

“Il titolo del primo dei trenta punti, riguardanti la nostra progressione didattica, recita: In primis l’armonia dei movimenti. Dalla correttezza del gesto tecnico scaturisce la prima qualità di un percussionista: il tempismo, cioè la puntualità, o il riflesso che consente la produzione del suono con precisione più che metronomica. Vi sono, a volte, dei ritardi, o piccoli squilibri, impercettibili che solo un buon orecchio ritmico ben esercitato riesce a percepire. La seconda qualità che apprezzo è la purezza del suono su tutti gli strumenti, sia a suono determinato sia a suono indeterminato e, infine, la perfezione o pulizia nei passaggi tecnici veloci.”

Ci sono molte riviste che provano di tutto: dalle automobili ai generi alimentari, ma non siamo ancora arrivati a “provare” i professionisti. Come si devono regolare i genitori che si accingono a scegliere una scuola musicale, o un insegnante, per i propri figli?

“Non è una risposta semplice. Si potrebbe provare a farsi un’idea contattando gli allievi che già frequentano la scuola e informarsi sull’esperienza artistica della persona prescelta, se si tratta di giovani che non hanno ancora avuto il tempo di mostrare il loro valore. Se hanno già vinto dei concorsi, accertarsi di quali concorsi si tratta. Pur concordando sulla validità didattica di una competizione, bisogna convenire che c’è una grande differenza tra un concorso vinto in orchestra (dove si è pagati fare quello per cui si è studiato) e uno dei tanti concorsi che si esauriscono con la vincita di un premio quale, ad esempio, una batteria o un set di piatti, messi in palio dalle ditte per farsi pubblicità.”

Hai uno sponsor?

“No, preferisco scegliere gli strumenti con i quali suono, e non essere obbligata per contratto.”

Le tue prossime tappe artistiche?

“Partecipare ad un concerto, per il Giubileo, nel quale saranno impiegati strumenti a percussione provenienti da ogni parte del mondo, e formare un gruppo con i miei allievi, con i quali tenere concerti in Italia e all’estero; come fece il mio maestro quando studiavo al conservatorio di Napoli.”